
16 Apr Professionalizzare l’immigrazione: ecco la vera emergenza italiana [Avvenire, 16 aprile 2023]
di Toni Ricciardi
Avvenire, 16 aprile 2023, p. 8.
Dichiarare lo stato di emergenza è prerogativa dei governi dinanzi al manifestarsi improvviso ed imprevisto di una calamità. Di solito accade per avvenimenti che certo sono corresponsabilità dell’azione antropica, ma non prevedibili negli effetti devastanti. Di conseguenza, non si comprende come la fattispecie dello stato di emergenza sia applicabile ai fenomeni migratori. La migrazione, sinonimo di mobilità, è strutturale da almeno un paio di millenni e, nella sua dimensione moderna e contemporanea, da almeno un paio di secoli, da quando agli albori del XIX secolo si svilupparono teorie, politiche, economie e strategie operative. Parallelamente, assunsero maggior peso definizioni sintetizzabili nel concetto di paura dell’altro, di invasione.
La storia dei fenomeni migratori ci insegna che ogni tentativo di limitare l’afflusso di persone non è mai riuscito. Né agli Stati Uniti, che inventarono le famigerate quote per limitare l’immigrazione italiana negli anni Venti del Novecento, né a Svizzera o Germania, che disciplinarono la migrazione temporanea o stagionale. Risultato: il numero di italo-discendenti negli Stati Uniti non si conta più, e in Germania e Svizzera ritroviamo oggi la seconda e la terza comunità italiana nel mondo.
Questi paesi – che hanno collezionato decenni di campagne contro la migrazione, soprattutto italiana – hanno capito che il processo andava governato e professionalizzato.
La migrazione si presta alla definizione percettiva e non reale del fenomeno. Un tema brandito, senza distinzione di appartenenza politica, l’abbandono da parte dell’Europa. Peccato che nessuno ricordi che tutto ciò che facciamo in termini di accoglienza è per l’Unione europea. Abbiamo accordi che prevedono che ogni persona che tocchi il suolo italiano produca per le casse dello Stato 18.000 euro e se si tratta di un minore non accompagnato almeno tre volte tanto. Non siamo in grado di giustificare come utilizziamo questi soldi? Non siamo in grado di gestirli, o peggio, il gestiamo male? La seconda.
Esempio: l’Hotspot di Lampedusa è al collasso, da quanto? Perché nessuno si è mai preoccupato di allestirne dei nuovi, più efficienti e più umani?
Si specula sulla migrazione. Certo, da sempre e ovunque. Il fenomeno, se governato, al netto del dovere al salvataggio e messa in sicurezza delle persone, sempre e comunque, è un indotto che genera occupazione e ricchezza. Tralascio l’aspetto della ricchezza umana per questioni di spazio, ma propongo un accenno a quella occupazionale. Servono inservienti per le mense, mediatori culturali, traduttori, assistenti sociali, personale medico e svariate professionalità, molte formatesi nelle nostre università, che non trovano uno sbocco professionale dignitoso; infatti, le partenze ogni anno superano le 100.000 persone. Dovrebbe essere questa la vera emergenza migratoria. Ma questo governo cosa fa? Lascia sbarcare persone ad Ancona per poi trasportarle a Foggia in pullman. Qualcuno ha qualche compagnia di trasporto?
Si dichiara lo stato di emergenza, si stanziano 5 milioni di euro e si ipotizza la nomina di un commissario straordinario. Come usiamo questi soldi?
Non sarebbe più saggio studiare la questione con esperti, istituire un’agenzia che la gestisca come un tema socioeconomico liberando il Viminale da incombenze che non è in grado di affrontare?
Quando si è al governo hai il dovere e l’onere di governare e non di immaginare di speculare come quando si era all’opposizione. Altrimenti, poi ci si ritrova con il +300% degli sbarchi e come li si giustifica?