
05 Nov Sisma: Una storia senza pregiudizi
Il saggio di Ricciardi, Picone e Fiorentino analizza da più punti di vista gli effetti a lungo termine sull’Irpinia dell’evento catastrofico di 40 anni fa
di Giulio D’Andera, Il Mattino (ed. Avellino), 5 novembre 2020.

Giulio d’Andrea – ilMattino (ed. Avellino), 5 novembre 2020, p. 21.
A 40 anni dal terremoto del 1980 gli interrogativi su cosa sia stata la ricostruzione restano. Ma l’Irpinia inizia a essere più nitida, tra intuizioni felici, scelte sbagliate e approcci in evoluzione. Perché, ma è solo un esempio, non tutto ciò che venne e viene bollato come fallimento è davvero tale. Come alcune aree e realtà industriali; vedi Morra De Sanctis, la Ferrero a Sant’Angelo dei Lombardi.
L’Irpinia, e in particolare questa provincia nel dopo-sisma, è un mosaico complesso e un’operazione di «ordine» viene messa nero su bianco da Toni Ricciardi, Generoso Picone e Luigi Fiorentino nel libro «Il Terremoto dell’Irpinia – Cronaca, storia e memoria dell’evento più catastrofico dell’Italia repubblicana» (Donzelli editore, pag.199).
Uno storico, un giornalista e un giurista ripercorrono quattro decenni.
«Ed è un punto di partenza. Un’occasione, insieme al quarantennale, per iniziare una riflessione scevra da pregiudizi – sottolinea Ricciardi – non certo l’opera definitiva sul sisma». Un saggio di storia con tre stili differenti, in cui vengono affrontati tutti i temi che ci hanno accompagnato dall’80 ad oggi. Il volto mutato dei paesi, la politica. È un viaggio attraverso punti di vista, percezioni e generazioni.
Tra statistiche e trend, approcci passati o possibili alla tragedia.
«Quale apporto può dare questo volume? A nostro avviso si potrà iniziare a ragionare di memoria condivisa – spiega Ricciardi, storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra – Com’è ovvio che sia, in qualsiasi catastrofe, la memoria delle persone non è univoca. Ognuno ha la propria. È diversa quella di chi ha perso familiari e di chi non li ha persi. È differente la percezione sul sisma tra chi vive in un paese che fu completamente distrutto o in un luogo che restò in piedi nonostante la furia del sisma. Ecco, noi speriamo di aver messo una base per future riflessioni e per una lettura che sia più distaccata e omogenea».
E dunque, anche in base a questa visione, risulta ancora difficile stabilire cosa sia andato e cosa sia stato sbagliato. «Tutta la narrazione odierna – afferma Ricciardi – è sempre ferma alla commissione d’inchiesta del 1991. Da lì non ci si è più discostati. Il lavoro di pubblicistica e politica nazionale è stato etichettare questa enorme tragedia come sinonimo di sprechi e basta, tra l’altro con comparazioni errate con la tragedia del Friuli. Ma questo lavoro non fu esaustivo. Quella irpina è la più grande catastrofe e forse non ce ne rendiamo conto nemmeno noi. Ma andando a rileggere tutti gli atti di quella commissione vediamo come alcune scelte, come una parte dell’industrializzazione, si siano rivelate importantissime per alcuni territori».
Il mito dei paesi felici viene dunque eroso da Generoso Picone che tra le pagine, e citando scrittori e giornalisti, traccia un quadro particolare che sembra disegnato da Piet Mondrian. Quadrati di colori diversi, diversi come le sensibilità e le attitudini delle varie realtà del cratere. Linee rette, come parte di quell’architettura post-terremoto che ha dato volti raggelanti ai borghi. «Opere pubbliche e realizzazioni private tra gigantismo opportunistico e deliri geometrili che stanno a manifestare il disprezzo e l’offesa verso lo spirito dei luoghi», scrive Picone.
E allora secondo Luigi Fiorentino, oggi vicesegretario generale a Palazzo Chigi e originario di Paternopoli, «oggi l’Irpinia presenta un quadro di sviluppo con luci e ombre. Se da un lato, accanto al calo demografico, tipico delle aree interne della nostra penisola, persiste un tasso di disoccupazione giovanile ancora elevato, dall’altro, registriamo indici di crescita e presenza di infrastrutture pubbliche efficienti e abitazioni civili adeguate.
Occorre comunque oggi procedere con maggiore decisione verso politiche che consentano uno sviluppo più diffuso e concentrato su settori di punta quali l’industria avanzata (farmaceutica, aerospaziale, green economy), l’agricoltura di qualità e il turismo. E soprattutto le istituzioni dovranno concentrarsi sul rafforzamento della rete dei servizi pubblici (scuola, sanità, trasporti, raccolta dei rifiuti) e delle strutture amministrative. Così come, in sede locale, dovrà emergere una nuova classe dirigente».