Marcinelle, 60 anni dopo la ferita resta ancora aperta (Giornale di Brescia, 2 agosto 2016)

Un saggio di Toni Ricciardi ricostruisce la tragedia belga a livello politico, storico e sociale

Paolo Grieco - Giornale di Brescia, 2 agosto 2016, p. 32.

Paolo Grieco – Giornale di Brescia, 2 agosto 2016, p. 32.

Impossibile non provare un sentimento di costernazione e commozione nel ricordare la tragedia della miniera belga di Marcinelle, avvenuta sessant’anni fa, l’8 agosto del 1956, nella quale morirono 262 lavoratori, 136 dei quali italiani.
Sul Corriere della Sera Dino Buzzati, così come tutta la stampa italiana, descrisse con enfasi come la notizia fu accolta in un’Italia che si preparava al Ferragosto. L’«inferno della miniera arroventata» provocò smarrimento in un Paese nel quale si stava registrando una sorprendente ripresa economica. Marcinelle era l’altro lato della medaglia, lo specchio di una nazione ancora povera con migliaia di uomini spinti ad emigrare in Belgio ad un durissimo prezzo: vivere in baracche di cartone catramato, fradice per l’umidità e con i bagni in comune senzatetto e passare ore in miniere vecchie e poco sicure. Uno squallore che solo la disperazione della miseria poteva far accettare.
A fare una brillante analisi di Marcinelle nel quadro del lavoro italiano all’estero, ha provveduto Toni Ricciardi, storico delle migrazioni all’Università di Ginevra, nel saggio «Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone» (Donzelli, pag. 175, 24 euro) contenente anche un pregevole capitolo di AnnacarlaValeriano, dell’Università di Teramo.
L’autore ha esposto la cronaca di quanto accaduto, con documenti, testimonianze, inchieste oltre ad immagini della disgrazia. Ricciardi scrive che l’incendio dell’8 agosto 1956, a 975 metri nel sottosuolo, rappresentò non solo l’ennesimo tributo di migranti allo sviluppo economico europeo, ma anche il momento di cesura di un percorso migratorio che si sarebbe rivolto verso la Svizzera e la Francia, mentre l’Italia iniziava ad intravedere lo sviluppo economico.
Memoria. Marcinelle è una pagina della storia del nostro Paese. La nostra emigrazione risale, del resto, al periodo fra le due Guerre, allora principalmente diretta all’America del Nord e del Sud, caratterizzata da aspetti contraddittori se pensiamo, ad esempio, agli italiani che, pur non sempre accolti favorevolmente, negli Stati Uniti hanno raggiunto posizioni prestigiose nel mondo economico-finanziario, ma anche, negli anni del proibizionismo, divenuti famosi per la delinquenza, come durante il periodo del gangsterismo.
Marcinelle va ricordata dal punto di vista politico, storico e sociale, come ha fatto molto bene Ricciardi, ma esiste tuttavia un’altra dimensione sulla quale soffermarsi: quella delle donne accorse dai più piccoli e poveri paesi d’Italia assembrate davanti ai cancelli della miniera, «l’angosciosa attesa» di una di loro con il rosario in mano, il pianto penoso di un bambino che chiamava il padre, il dolore delle mogli e delle madri, carico fino all’ultimo di speranza. La tragedia belga, come le disgrazie nelle quali muoiono innocenti, dovrebbe ricordarci il mistero della vita. I luoghi sono diversi, ma anche oggi, migrazioni di massa di tutt’altra natura, provocano stragi e sofferenze. Immagini della infinita miseria umana.