Lettonia, approvata la nuova legge sulla cittadinanza | Europae

da Lettonia, approvata la nuova legge sulla cittadinanza | Europae. (di: Giuseppe F. Passanante 23 maggio 2013)

parlamento_lettoneDopo due anni di discussioni, lo scorso 9 maggio il parlamento lettone ha approvato una nuova legge sulla cittadinanza che entrerà in vigore il 1 ottobre 2013, apportando forti cambiamenti in un Paese dalla forte eterogeneità nazionale. Secondo il CIA World Factbook, nel 2009 i lettoni erano il 59,3% della popolazione. Il principale gruppo minoritario è quello russo, con il 27,8% della popolazione complessiva, cui seguono quello bielorusso (3,6%), ucraino (2,5%), polacco (2,4%) e lituano (1,3%). Una composizione frutto degli eventi intercorsi nel periodo interbellico e nel dopoguerra, che stravolsero la struttura etnico-sociale risalente agli anni del dominio svedese e all’epoca zarista: nobiltà terriera tedesca, borghesia mercantile ebraica e contadini lettoni. La riforma agraria degli anni ’20 incentivò i tedeschi a migrare verso la propria patria ancestrale, mentre gran parte degli ebrei e dei lettoni antifascisti furono deportati nei campi di sterminio durante l’occupazione nazista. Una sorte simile toccò ai kulaki, piccoli proprietari terrieri, deportati nei gulag nei primi anni del dominio sovietico. Proprio dall’URSS si originarono grandi flussi migratori verso Repubblica Socialista Sovietica Lettone, parte del disegno staliniano che mirava a rompere la coesione delle popolazioni di territori potenzialmente pericolosi per la stabilità del potere sovietico. Per molti lettoni la politica staliniana era percepita come un tentativo di eliminare la nazione lettone.

La legge sulla cittadinanza sinora in vigore fu varata nel 1994, tre anni dopo l’indipendenza. Basata sul principio dello ius sanguinis e subordinava la concessione della cittadinanza al superamento di un esame di lingua e cultura lettone. La maggior parte dei componenti delle minoranze etniche, tuttavia, non parlava lettone nel 1991 e alcuni non lo parlano ancora oggi. Si creò quindi uno status giuridico molto particolare: i nepilsoņi, un termine che in italiano può essere tradotto in “non-cittadini“, una sorta di limbo tra cittadinanza e apolidia. I non-cittadini residente in Lettonia sono circa 300.000 persone, un numero particolarmente alto se si considera che il piccolo Paese baltico conta poco più di 2 milioni di abitanti.

La comunità russa in Lettonia conta circa 600.000 persone, delle quali circa un terzo non-cittadini, 364.000 cittadini lettoni e i restanti 36.000 hanno la cittadinanza russa. I non-cittadini sono riconosciuti come residenti permanenti in Lettonia, possono usufruire dei benefici del sistema sanitario e pensionistico e spostarsi senza obbligo di visto all’interno della Comunità degli Stati Indipendenti. Al tempo stesso hanno documenti d’identità diversi da quelli dei cittadini, non dispongono del diritto di voto e non possono servire nell’esercito e nella polizia. Sostanziali le modifiche apportate dalla nuova legge: affinché un bambino nato da una coppia di non cittadini ottenga la cittadinanza sarà sufficiente che un solo genitore ne faccia domanda, evitando ripercussioni derivanti da disaccordi tra i genitori separati. Ai non-cittadini nati dopo l’indipendenza (21 agosto 1991) e tuttora residenti in Lettonia verrà concessa automaticamente la cittadinanza. Rimangono tuttavia grandi contraddizioni. Ad esempio un cittadino comunitario residente in Lettonia anche da pochissimo, a differenza di un non-cittadino residente da più tempo, può votare ed essere eletto per le elezioni amministrative e del Parlamento Europeo. Per questo motivo le organizzazioni dei non cittadini vogliono indire delle elezioni alternative per il “Congresso dei non-cittadini”. Cambiamenti significativi anche per i lettoni emigrati, soprattutto verso i Paesi dell’Europa Occidentale dopo l’ingresso della Lettonia nell’Ue nel 2004 e ora titolari di cittadinanza in uno Stato estero, a scapito di quella lettone. La nuova legge tutela questi soggetti, ispirandosi in gran parte allo ius sanguinis per impedire che l’identità lettone vada perduta. Essa consente di mantenere la cittadinanza lettone a chi è diventato cittadino di un Paese membro di UE, NATO o EFTA o di altri Paesi con i quali vi siano in vigore accordi. Qualora un lettone abbia acquisito la cittadinanza di uno Stato non presente nell’elenco, per avere la doppia cittadinanza dovrà ottenere l’autorizzazione dal Consiglio dei Ministri. I bambini nati da almeno un genitore lettone potranno ottenere la cittadinanza lettone, indipendente dal luogo di nascita e, inoltre, avranno diritto alla cittadinanza coloro i quali furono deportati o costretti a emigrare durante le vicende legate all’occupazione nazista o sovietica, così come i loro discendenti. Possiamo ritenere, infine, che la nuova legge faccia parte di un progetto più ampio. Il saldo migratorio negativo e il basso tasso di natalità renderà presto necessario il ricorso alla manodopera immigrata. Una forte ondata migratoria in un breve lasso di tempo non sarebbe facile da gestire: il governo punta a far sì che questo flusso sia costituito prevalentemente da emigrati di ritorno e la nuova legge è funzionale a questo scopo. Molti però dubitano sull’efficacia di questa politica e ritengono che migrare in Lettonia sia molto più allettante per persone provenienti da Paesi poveri, piuttosto che per lettoni ormai ben integrati nelle società occidentali. Altri, come il demografo Ilmār Mežs, ritengono invece che il governo debba attuare politiche di welfare che incentivino le nascite perché, salvo una drastica svolta, la nazione lettone sarebbe destinata a estinguersi nel lungo termine. Una paura radicata nella coscienza nazionale lettone e ben visibile tanto nella vecchia quanto nella nuova legge di cittadinanza.