Brutta storia il razzismo. 21 marzo, giornata mondiale contro il razzismo

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21 marzo 1960, Sharpeville (Sudafrica). Il Pan Africanist Congress organizza una manifestazione di protesta contro l’Urban Areas Act. Si trattava della cosiddetta “pass law”, un decreto governativo che obbligava tutti i cittadini sudafricani di colore ad esibire un permesso speciale nel caso in cui fossero stati fermati in una zona riservata ai soli bianchi. La manifestazione viene soppressa nel sangue dal governo. Le vittime sono 69 e i feriti 180. La notizia del massacro porta all’inasprimento del rapporto fra i neri e il governo bianco. In risposta al diffondersi della protesta, il 30 marzo il governo dichiara la legge marziale.

In memoria di questo massacro, il 21 marzo si celebra la Giornata mondiale contro il razzismo.

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Le pagine della storia delle migrazioni sono piene di episodi di razzismo che hanno coinvolto spesso anche i migranti italiani. Fu così nelle Americhe a cavallo tra la fine del’Ottocento e gli inizi del Novecento. Fu così con i “quota act” del 1924 negli Stati Uniti (legge che introduceva le prime quote volte alla limitazione degli arrivi dall’area dell’Europa mediterranea), fu così in Svizzera.

La sempre crescente presenza di stranieri e italiani nell’agglomerato di Zurigo è riscontrabile già a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, quando la Svizzera fu trasformata in un immenso cantiere. Alla stagione dei trafori si accompagnò una lenta ma intensa attività di inurbamento nelle principali città elvetiche. In questi decenni il cantone di Zurigo si trasformò definitivamente in una regione d’immigrazione. L’espansione dell’edilizia attirò, negli ultimi decenni dell’Ottocento, un gran numero di lavoratori: si trattava prevalentemente di francesi, tedeschi ed italiani e, inoltre, di svizzeri provenienti dalle aree rurali del paese. Non a caso, a ridosso della prima guerra mondiale, la popolazione della città di Zurigo era composta per il 34% da stranieri e per il 30% da provenienti da altri cantoni. Se nei decenni a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, la comunità tedesca era quantitativamente la prima (e ciò accade ancora oggi), gli italiani furono la componente maggiormente visibile dal punto di vista territoriale/spaziale, in quanto concentrò la propria presenza nel quartiere d’Aussersihl. Il comune di Aussersihl, l’attuale quartiere 4, che agli inizi dell’Ottocento contava alcune centinaia di abitanti, era divenuto uno dei più popolari centri della Svizzera, superando per numero di abitanti la stessa vicinissima Zurigo, alla quale fu accorpato nel 1893. Il quartiere, oltre a rappresentare una vera e propria baraccopoli di italiani, era anche indicato come “zona rossa” per la massiccia presenza di operai socialisti ed anarchici e fu l’epicentro delle violenze xenofobe più gravi che la storia di Zurigo abbia mai conosciuto. Nel 1896 l’Aussersihl divenne per tre giorni il focolaio di una vera è propria “caccia all’italiano” (Italienerkrawall), in seguito alla morte di un operaio alsaziano durante una rissa nella notte tra il 25 e il 26 luglio. In quei giorni tutto ciò che nel quartiere era italiano fu letteralmente distrutto, tanto che per fermare la rappresaglia e riportare l’ordine fu necessario l’intervento dell’esercito. (Gli italiani a Zurigo. Un presenza significativa)